Il perché preferiamo lo zucchero ai
dolcificanti è in un sensore cellulare
DIANE
RICHMOND
NOTE E NOTIZIE - Anno XIX – 29 gennaio
2022.
Testi
pubblicati sul sito www.brainmindlife.org della Società Nazionale di
Neuroscienze “Brain, Mind & Life - Italia” (BM&L-Italia). Oltre a notizie
o commenti relativi a fatti ed eventi rilevanti per la Società, la sezione
“note e notizie” presenta settimanalmente lavori neuroscientifici selezionati
fra quelli pubblicati o in corso di pubblicazione sulle maggiori riviste e il cui
argomento è oggetto di studio dei soci componenti lo staff dei recensori della Commissione
Scientifica della Società.
[Tipologia del testo: RECENSIONE]
Una delle ragioni del grande interesse che suscita
la ricerca neuroscientifica in altre aree degli studi biomedici, deriva dal suo
frequente trovare risposte a quesiti nati in ambiti quali quelli endocrinologico,
immunologico o del metabolismo e della nutrizione. È il caso di una domanda
nata in seno alla ricerca che aveva registrato da tempo nei mammiferi la
preferenza per cibi ipercalorici, spiegata sulla base di un vantaggio evolutivo
in condizioni di scarsità di cibo, e consistente nel chiedersi come sia possibile
che un animale preferisca il saccarosio, l’ipercalorico disaccaride costituito
da glucosio e fruttosio a dolcificanti sintetici equivalenti in termini
gustativi, molto più potenti nel rendere dolci acqua e alimenti ma con un
valore calorico molto più basso e scevri dal generare di rischi metabolici e
cardiovascolari dovuti all’eccesso di saccarosio.
Anche noi ci siamo occupati di questo argomento con
recensioni di studi che escludevano un ruolo del gusto, in quanto la preferenza
continuava a manifestarsi in animali privi di recettori gustativi. Tale
evidenza sembrava di fatto escludere l’indagine neuroscientifica, in quanto si
era dimostrato che l’organismo dell’animale non effettuava la scelta,
esprimendo la preferenza, attraverso un processo collegato all’elaborazione
cerebrale di un gusto differente; in altri termini, si era esclusa la possibilità
che fosse in gioco il rinforzo di una segnalazione proveniente dall’area gustativa
da parte della co-attivazione delle popolazioni dopaminergiche della VTA, ossia
del “sistema a ricompensa”.
A molti sembrava che non rimanesse altra scelta che
tornare alla vecchia ipotesi della regolazione metabolica della preferenza, che
riportava al rompicapo insoluto dei decenni precedenti. Alcuni gruppi di
ricerca intrapresero la via di cercare i criteri della selezione di nutrienti
in assenza di recettori del gusto, indagando il rapporto tra le cellule
enterocromaffini del duodeno appartenenti al sistema detto APUD (da amine
precursor uptake and decarboxylation) e le terminazioni vagali. Gli studi
da allora si sono moltiplicati e, sebbene si siano compresi numerosi aspetti
della regolazione duodenale della funzione alimentare, fino ad oggi nessuno
aveva identificato il meccanismo mediante il quale il saccarosio è preferito ai
composti di sintesi chimica equivalenti al gusto. Ora Kelly L. Buchanan e colleghi
coordinati da Diego Bohorquez hanno identificato la cellula che funge da
sensore intestinale rilevatore della differenza.
(Buchanan
K. L., et al., The
preference of sugar over sweetener depends on a gut sensor cell. Nature Neuroscience – Epub ahead of print doi: 10.1038/s41593-021-00982-7, 2022).
La provenienza degli autori è la seguente: Laboratory of Gut Brain Neurobiology, Duke
University, Durham, NC (USA); Department of Neurobiology, Duke University,
Durham, NC (USA); Department of Chemistry, Massachusetts Institute of
Technology, Cambridge, MA (USA); Research Laboratory of Electronics, Massachusetts
Institute of Technology, Cambridge, MA (USA); Department of Brain & Cognitive
Sciences, Massachusetts Institute of Technology, Cambridge, MA (USA); McGovern
Institute for Brain Research, Massachusetts Institute of Technology, Cambridge,
MA (USA).
Come si è già accennato, sia il disaccaride saccarosio,
presente in natura come zucchero di barbabietola e zucchero di canna, sia i dolcificanti
ottenuti per sintesi chimica generano la percezione gustativa del dolce, ma i
mammiferi preferiscono in ogni caso il disaccaride naturale. La ragione della
preferenza non consiste in una differenza nel sapore, perché anche i topi privi
dei recettori del gusto distinguono lo zucchero dai composti artificiali e lo
gradiscono di più[1].
Il saccarosio, come è noto, è costituito da
D-glucosio e D-fruttosio: a differenza del D-fruttosio e del composto dolcificante
artificiale sucralosio, il D-glucosio condiziona una marcata preferenza
quando infuso nel lume del duodeno. In proposito, è interessante notare che esattamente
50 anni fa, nel 1972, Booth, mediante carico di glucosio intragastrico, aveva
già fatto questa osservazione, poi negletta per decenni[2] e
ritornata di attualità di recente, dopo gli studi di Sclafani e Ackroff[3]. Gli animali
esposti in precedenza al D-glucosio identificano lo zucchero che entra nell’intestino
entro qualche minuto. Il bypass del piccolo intestino cancella questa
capacità, suggerendo che l’epitelio duodenale è la sede delle cellule che
fungono da sugar transducer.
Fino ad oggi questi elementi specializzati sono
sfuggiti all’identificazione per la mancanza di strumenti per il controllo dell’elaborazione
sensitiva intestinale con precisione temporale e spaziale.
In neurofisiologia si conosce bene il processo di
trasduzione in altre superfici epiteliali realizzato dai recettori chimici dell’olfatto
e del gusto che trasmettono le informazioni a un nervo cranico, lungo il quale
gli impulsi raggiungono le sedi di elaborazione centrale. Nel naso, le cellule
recettrici olfattorie trasducono lo stimolo odoroso attraverso sinapsi
glutammatergiche sulle cellule mitraliche di secondo ordine per consentire all’animale
di distinguere gli odori. Sulla lingua, le cellule recettrici di dolce, amaro o
umami (il gusto del glutammato monosodico) formano sinapsi purinergiche con
fibre nervose afferenti per guidare l’animale nel distinguere i sapori. Nell’intestino
come può avvenire questo processo di rilevazione differenziata?
Sembra che nell’intestino questa funzione
recettoriale sia svolta dalle cellule neuropod. L’esistenza di queste
entità citologiche è stata documentata per la prima volta quando delle cellule
enteroendocrine intestinali[4],
conosciute per il loro rilascio di CCK (colecistochinina), si scoprì che
formavano sinapsi con le terminazioni nervose presenti nella mucosa
sottostante. Nel 2018 è stato dimostrato che le cellule neuropod contraddistinte
da CCK (CCK-labeled) formano vere e proprie sinapsi col nervo vago.
Queste cellule usano il neurotrasmettitore eccitatorio glutammato per la
transduzione di uno stimolo di D-glucosio dall’intestino al cervello in pochi
millisecondi.
Gli autori dello studio qui recensito ipotizzarono
che le cellule neuropod del duodeno distinguono lo zucchero nutriente dai
dolcificanti non calorici artificiali per indurre l’animale a preferire il
saccarosio a molecole anabolicamente povere.
Kelly L. Buchanan e colleghi coordinati da Diego
Bohorquez hanno rilevato che le cellule neuropod duodenali CCK
differenziano e trasducono al nervo vago stimoli luminali originati da
dolcificanti o zuccheri usando i recettori del sapore dolce e i trasportatori
sodio glucosio. I due tipi di stimolo attivano due vie neurali distinte: mentre
i dolcificanti stimolano la trasmissione purinergica, lo zucchero stimola la
neurotrasmissione glutammatergica.
Per valutare il contributo di queste cellule al
comportamento, i ricercatori hanno sviluppato esperimenti optogenetici per il
lume dell’intestino, ingegnerizzando una fibra ottica flessibile. In tal modo
hanno registrato e dimostrato che la preferenza per lo zucchero rispetto ai
dolcificanti sintetici nel topo dipende dalla segnalazione glutammatergica
delle cellule neuropod.
Mediante questa capacità di discernere rapidamente l’identità
degli stimoli costituiti dai nutrienti, le cellule neuropod dell’intestino
agiscono come varco d’accesso per guidare le scelte nutritive.
L’autrice della nota ringrazia la dottoressa Isabella Floriani per la correzione della bozza e
invita alla lettura delle recensioni di argomento connesso che appaiono nella sezione
“NOTE E NOTIZIE” del sito (utilizzare il motore interno nella pagina “CERCA”).
Diane Richmond
BM&L-29 gennaio
2022
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2003 con codice fiscale 94098840484, come organizzazione scientifica e culturale
non-profit.
[1] Damak S. et al., Science 301, 850-853, 2003; de Araujo
I. E., et al., Neuron 57, 930-941, 2008; Ren X., et al., Journal
of Neuroscience 30, 8012-8023, 2010.
[2] Booth D. A., J. Comp. Physiol Psychol 78, 412-432,
1972.
[3] Sclafani A. & Ackroff K., Physiol. Behav. 173, 188-199,
2017.
[4] Si ricorda che tutte le cellule
appartenenti al sistema diffuso APUD originano dalla cresta neurale.